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Il mugugno e il fattore 'G'

22 Marzo 2014 , Scritto da enrica bonaccorti

"G" come Genova, la mia città. Una città lunga, distesa ad arco intorno alla sua "Janua", porta stretta che affaccia sul mare. Ma siamo stretti dappertutto.. siamo stretti fra mare e Piemonte, siamo stretti nei vicoli, le vigne hanno lo spazio dei rampicanti, chiamiamo piazze degli slarghi. Viviamo stretti l'uno all'altro e siamo stretti anche nell'esternare, stringati nelle parole e nelle spese. Si vive in sottrazione, a Genova l'eleganza è non farsi notare, più pronti al giudizio che all'entusiasmo. Preferiamo criticare che festeggiare, vuoi mettere la soddisfazione.. È famoso l'accordo degli antichi marinai genovesi che fra le due opzioni, 100 lire e niente commenti, oppure 80 e mugugno libero, sceglievano massicciamente quest’ultima. Potersi lamentare, poter criticare, per noi non ha prezzo. Difficile far cambiare opinione a un genovese, non si fanno sconti né in negozio né nell’anima luterana, che al contempo offre garanzie rare nel nostro Paese: affidabilità diffusa, efficienza puntigliosa, serietà. Esclusi i perditempo. Perché il tempo è denaro, potrei chiosare con una battuta, ma non è questo. È lo spreco che è insopportabile. Fin da piccoli siamo educati anche in famiglie senza grandi problemi o addirittura abbienti, a considerare lo spreco come uno dei peggiori comportamenti, e se si traspone questo a livello dello spreco nazionale, il mugugno sale al cielo, dove scolora la B di Bengodi e si staglia la G di Genova. E nu ghe n’è ciù per nisciun..

 

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