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INFORMAZIONE UTILE... PERCHÈ L’IGNORANZA È UNA FONTANA CHE DIFFONDE VELENO

15 Gennaio 2018 , Scritto da enrica bonaccorti

INFORMAZIONE UTILE... PERCHÈ L’IGNORANZA È UNA FONTANA CHE DIFFONDE VELENO

                                                                       

                    La forza e la ‘gravità’ della parola razza 

 

                                        

 

C'è una parola che in passato ha già fatto tanto male e che ancora oggi è spesso usata a sproposito: RAZZA. 

Anche nella nostra Costituzione, dove si legge all’articolo 3: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di RAZZA, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.”. 

Il contesto dell’epoca di stesura della Costituzione dà senso alla scelta di allora di usare il termine 'razza', ma in caso al giorno d’oggi si pensasse di intervenire sul nostro più sacro testo, vorrei sommessamente suggerire di prendere in esame la sostituzione del termine 'razza', per esempio con 'etnia'. Oltre all’opportunità sociale, è la SCIENZA a ricordarci che “LA NOZIONE DI RAZZA APPLICABILE AD ALTRI ANIMALI, NON PUÒ ESSERE TRASFERITA ALLA SPECIE UMANA CHE È UNICA”. Proprio come disse Einstein passando la dogana. A chi gli aveva chiesto: “Razza?” la sua  risposta fu: “Umana”. Perché noi tutti, di qualsiasi colore sia la nostra pelle, qualsiasi siano i nostri lineamenti, apparteniamo a un'unica razza, la razza umana. Anche se a volte non sembrerebbe...                  

 

                                      Enrica Bonaccorti - 27 gennaio 2012

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Pensando a Marina Pensando a Marta

9 Gennaio 2018 , Scritto da enrica bonaccorti

Pensando a Marina Pensando a Marta

 

 

Marina Matrioska

 

 

Le tue braccia portavano spighe 

al passaggio lasciavano oro 

Tralicci di idee sulla testa

spandevano luce e lapilli di fuoco   

Nella voce una spada 

che feriva e guariva con risate d’argento

Nel corpo una sfida

che ha cambiato la storia

agli uomini e al tempo 

Marina Matrioska di tante Marine 

E ognuna è Kalì 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Eterna Marta 

 

 

Ti vorrà l'Inferno e ti vorrà il Paradiso 

ma sarai tu a decidere 

Il Purgatorio si pentirà 

di non essere all'altezza delle tue gambe 

mentre ogni Dio

ti vorrà al suo fianco 

per essere benedetto dalla tua risata 

Eterna Marta

figurati se cambiarti una vocale 

può darti fine 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Due risposte a una vecchia intervista che mi sembrano molto contemporanee..

25 Novembre 2017 , Scritto da enrica bonaccorti

Se fossi nata uomo, che uomo saresti?  

 

Un uomo gentile, credo, perché sono stata educata al rispetto dei doveri e alla parità dei diritti. Ma come appartenente a un genere da sempre e tuttora vessato, è perlomeno logico lottare come facciamo noi donne, più difficile per gli uomini rinunciare ai privilegi che da millenni sono concessi al genere maschile. Ma a parte questo, credo che se fossi stata uomo molti ostacoli e umiliazioni sul lavoro mi sarebbero stati risparmiati: una donna deve centrare tre volte il bersaglio per ‘vincere la bambolina’. Oppure deve diventare lei ‘la bambolina’… 

 

 

Cosa consiglieresti a una giovane donna? 

 

Di non farsi mettere i piedi in testa da nessuno, di leggere molto, di non imitare stereotipi, di non farsi ‘intruppare’ in nessun gregge, di tirar fuori con intelligenza la propria personalità, con tanta grazia ma senza tanti grazie. Sorridente e a testa alta, ma solo se è una testa piena di libri, di informazioni, di attenzione al mondo, di poesia... perché la felicità del tuo cuore dipende dalla consapevolezza della tua mente, è lei che ti rende libera. Questo le direi. 

 

 

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Maghe streghe o serve?

25 Ottobre 2017 , Scritto da enrica bonaccorti

Maghe streghe o serve?

‘La paura del diverso’... un naturale e automatico riflesso prima che intervenga la conoscenza, e ancor prima la cultura. Ed è innegabile che nell’umanità la prima differenza è fra i due generi che la compongono Dunque la tensione che attraversa il rapporto uomo-donna a qualunque livello, sentimentale, lavorativo, parentale o d’amicizia, è inevitabile e prevedibile. Ma se da parte del genere femminile è legittima anche un’automatica paura fisica, viste le minori dimensioni e potenze del nostro fisico, dove affonda le radici la paura del genere maschile verso quello femminile? Le scienze antropologiche ci dicono che per i nostri primi antenati l’atto sessuale non era messo in relazione con le nascite, dunque agli occhi dei maschi le femmine dovevano apparire maghe o streghe, comunque esseri speciali, visto che a un certo punto il ventre si gonfiava e davano vita a un altro essere umano. O maghe o streghe… come mai siamo diventate serve? Perché invece che inginocchiarsi di fronte a un miracolo, hanno fatto mettere in ginocchio chi lo compiva? Uscendo dalla preistoria, perché tutte le limitazioni, i divieti, le restrizioni a cui il genere femminile è stato costretto da sempre in ogni campo? Studi, attività, scelte, comportamenti, retribuzioni, libertà individuali… ancora oggi le sperequazioni di genere sono evidenti sotto il velo dei diritti acquisiti. La nostra forza, la nostra libertà fa ancora paura? Ma come sempre non sul piano fisico, dunque possono farci tacere, come la cronaca purtroppo ci racconta quasi ogni giorno. Mi piacerebbe che una di noi, che si chiami Michelle, Angela, Hillary o altra figura apicale a livello planetario, proclamasse una riposta universale e trasversale del genere femminile (52% della popolazione mondiale) alle ingiustizie, che arrivano all'orrore, con cui sono trattate le donne nel mondo. Unica maggioranza trattata come una minoranza. 

 
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Brano dal testo (inedito) scritto da Cassandra nel 2010...

25 Settembre 2017 , Scritto da enrica bonaccorti

(…) l’importanza della comunicazione, la responsabilità della comunicazione! Continuavano a inoculare il veleno dell’intolleranza proclamando di non essere razzisti. Ma ognuno a casa sua! Come se bastasse dire “No” alle migrazioni inevitabili, comuni a bufali e gru, balene e rondini, a tutti gli appartenenti al Regno animale, noi compresi, che siamo di razza umana, l'unica che ci comprende tutti sul pianeta. Quando alla dogana chiesero ad Einstein: "Razza?" lui rispose: “Umana, non si vede?" Insomma, tutti gli animali si spostano alla ricerca di risorse per la sopravvivenza, e i primi siamo stati proprio noi, l’homo sapiens, quando abbiamo lasciato l’Africa e ci siamo piazzati in Europa. Obbligati e disperati proprio come i migranti sui barconi, ‘gli invasori’ brutti sporchi e cattivi! Ma non eravamo preparati, né culturalmente né praticamente. In poco tempo la paura si mutò in odio, le differenze in separatismo, e come sappiamo, l’idea ha avuto fin troppo successo. Si cominciò moltiplicando le aggregazioni di simili sempre più simili, sempre più intolleranti di ogni diversità. Persino regionali. Nei programmi scolastici si inserì la Storia Territoriale, dettagliatissima fino all’ubicazione della scuola, ignorare i Proverbi Dialettali diventò più grave di non conoscere Leopardi. Ognuno mise in piazza la statua del suo eroe, si cucì la sua bandiera e cantò il suo inno. Si cominciò così, e come al solito all’inizio si fece dell’ironia. Ma dai, fanno ridere, è una farsa! 

C’è un subdolo pericolo nella parola ‘divertente’, dovremmo averlo imparato. Ma nessuna lezione ci ha mai insegnato niente. Soprattutto nessuna lezione di Storia. 

 
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SE IL MERITO HA IL PESO DI UNA PIUMA...

11 Settembre 2017 , Scritto da enrica bonaccorti

Settembre 2017

Siamo sempre lì, in Italia il merito ha il peso di una piuma. E visto che merito vuol dire capacità, non possiamo meravigliarci di essere spesso e in tanti settori in mano a degli incapaci. Chi occupa un ruolo importante e pieno di responsabilità sociali, ma raggiunto attraverso le antiche vie scorrette e corrotte che conosciamo o con un modernissimo meccanismo informatico, ha risolto sicuramente i suoi problemi, ma altrettanto sicuramente non è in grado di risolvere i nostri! Serve formazione, cultura ed esperienza per arrivare alla competenza. Non marketing. 

 

 

 

Dicembre 2011                                                 

Dov’è finito il talento in Italia? Certamente non dove pretende di essere. Non è sugli schermi, non è sugli scranni, non è sulle pagine, non è nelle idee né nel modo di comunicarle. Il nostro territorio è stato intriso da troppe piogge acide, invaso da così tanta gramigna, che la rara bellezza stona. E bonificarlo è ogni giorno più difficile, perché il tempo dà alla mala erba il suo nutrimento più forte e subdolo: l’abitudine. Inesorabilmente, poco a poco, non ci si accorge più che il talento non c’è. Quando si comincia a ridere per la sua mancanza - e se ti diverti perdoni - quando si giustifica per giustificarsi, quando non si critica perché non si vuole essere criticati, non è solo ghiaia che sfugge, è l’inizio della valanga. Il 'personaggio'  non sa fare niente? Il politico fa una gaffe dietro l’altra?  Qualche giornalista scivola su uno svarione linguistico? Certo che si nota e si cattura l'attenzione, ma se l'attenzione non condanna, non genera né la correzione né la rimozione. Anzi, si sottolinea e si promuove. Perché?  ..perché, dai.. è divertente! Credo che divertente sia una delle parole più pericolose di questi ultimi anni, un velo frou-frou che impreziosisce ogni straccio. Divértere in latino significa distrarre, dunque evidentemente la pochezza ci distrae più della grandezza, che dopo il primo applauso ci affatica, ci annoia, a lungo andare ci irrita persino. La mediocrità invece, nella sua rassicurante identificazione, ci fa sentire a nostro agio, se non addirittura piacevolmente superiori. Cosi la base si allarga, l’indotto si mette in moto, e se una pernacchia fa il picco d’ascolto la prossima volta ce ne saranno due, se la gaffe del politico raccoglie titoli, se lo svarione giornalistico diventa moda, sarà tutto un fiorire di battute e svarioni. Nessun imbarazzo, basta smentire, o invocare l’ironia e la provocazione, e gli svarioni diventeranno neologismi. All’onore si è sostituita la visibilità, è questa la meta da raggiungere. Come? Non importa il come. Quello che provoca rispetto è il risultato. E dato che oggi, al contrario di una volta, il successo nasce dalla visibilità, parole e azioni saranno sempre più estreme per ottenerla. È finita la dualità fra essere e avere. Oggi basta esserci.

2/12/2011   enrica bonaccorti

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ERRORI E ORRORI - ORRORI ED ERRORI

1 Agosto 2017 , Scritto da enrica bonaccorti

ERRORI E ORRORI - ORRORI ED ERRORI

Perché non compilare un elenco che dia indicazioni corrette a tutti coloro che in video o in radio, in diretta o come voce fuori campo, sono addetti alla comunicazione? Qui alcuni errori e orrori sentiti di persona, e quanti altri ce ne sarebbero... La pronuncia non è un’opinione, gli utenti hanno diritto di sentire, e dunque imparare, quella corretta. Basta confusione! 

 

PerfÓrmance - non PÉrformance (e se dicessimo Esibizione?..)

DepliÁnt - non DÉpliant (ignorare la t finale)

CollÁnt - non CÓllant (come sopra) 

VajÓnt - non VÁjont ( “ “ “ )

NÚoro - non NuÓro (come Nàpoli e non Napòli..) 

FacÓceri - non FacocÉri (v.f.c. in un documentario) 

Polpo (non Polipo) - (i polipi sono escrescenze della mucosa)

Leit motÍv  (non Leit mÓtiv) - è tedesco, non inglese - 

Media si pronuncia Media - (è latino, non inglese) non Midia

- a meno che non sia associata al termine ‘social’ - 

Castore e PollÚce - non PÓlluce  

CÁvea - non CavÉa 

LeccornÍa - non LeccÓrnia 

NeÒfite - non NeofÌte (come si sono definite tre presentatrici) 

Il Viola è un colore, ma se si VÍola la legge il colore non c'entra...  

 

A parte gli Errori di pronuncia, un Orrore molto diffuso è:

Ti faccio tanti in bocca al lupo! e la risposta è… Crepi!

Ma che italiano è “Ti faccio un in bocca al lupo?!?!!” Ogni volta è come sentire il gessetto che si spezza sulla lavagna!

E poi il lupo porta in bocca i cuccioli per spostarli e per proteggerli, e noi gli auguriamo di crepare? L’augurio è proprio di essere protetti come i cuccioli nella bocca del lupo! Dovremmo rispondere 'Grazie!' caso mai, o almeno 'Viva il lupo!' visto che qualche leggenda metropolitana ha cancellato la parola “Auguri”… 

...e per dirla tutta, se si cerca ‘talentuoso’ sul dizionario, non si trova. O meglio, c'è il rimando a ‘talentoso’ che sarebbe la 1' forma corretta...

 

P.S. Il titolo ‘Errori e Orrori - Orrori ed Errori’ evidenzia che la ‘d’ si aggiunge solo quando si incontrano vocali uguali. Esempi: ‘e altri - ad altri / e ora - ed era / Enrica e Anna - Anna ed Enrica’ 

 
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Via libera all'Inno? Mi dispiace molto. Decisione superficiale di chi ignora o non vuol sapere.. Ma a qualcuno in questo Paese interessa ancora la verità?.

19 Luglio 2017 , Scritto da enrica bonaccorti

Via libera all'Inno? Mi dispiace molto. Decisione superficiale di chi ignora o non vuol sapere.. Ma a qualcuno in questo Paese interessa ancora la verità?.

Mameli sarà inno ufficiale: via libera alla Camera

ROMA - La Commissione Affari costituzionali della Camera ha approvato all'unanimità il Canto degli italiani di Mameli come 

inno nazionale. 

 

Questo apprendo oggi. Mi dispiace. Ecco perché. 

Come dico e scrivo da quasi 20 anni.

 

 I N N O  D’ITALIA

 Approfondimento / Scoperta / Proposta

 

 

Vorrei sottoporre all'attenzione delle nostre Istituzioni un tema che ho iniziato ad approfondire durante i Mondiali del 1998, quando i giornali titolavano ‘Scandalo!’ per nostri calciatori che rimanevano a labbra serrate durante l’esecuzione del nostro Inno. In quell’occasione il nostro ex presidente Ciampi espresse il suo rammarico, ma edulcorò il suo giudizio per la difficoltà del testo, aggiungendo, testuale: “Il nostro Inno, sì, è una marcetta, ma ormai quando sento le prime note e quelle prime parole, Fratelli d’Italia, il mio spirito nazionale si alza automaticamente in piedi pronto a cantare con la mano sul cuore”. 

Fu esattamente questa la frase che mi fece scaturire un’idea, semplice e rivoluzionaria allo stesso tempo, sorprendente persino per chi l’ha pensata. Ma prima dell’idea, voglio condividere quello che è venuto fuori dal serio approfondimento sul nostro Inno che ho messo in atto da allora.

A iniziare dal titolo: quanti lo conoscono? 

Se lo si chiede, tutti rispondono 'Inno di Mameli'.

Quando comunichi che non è il vero titolo la prima reazione è di stupore, poi si azzarda: “Allora è ‘Fratelli d’Italia’...?” Alla notizia che neppure questo è quello giusto, arriva solo un attonito silenzio. Davvero pochi quelli conoscono il titolo esatto: "Il Canto degli italiani” di Novaro – Mameli.  

Fra l’altro mi chiedo: perché non lo si chiama caso mai 'Inno di Novaro?' cioè dell'autore della musica e non dell'autore delle parole, come è consuetudine, se non regola? 

Sarebbe come dire non l’Aida di Verdi ma l’Aida di Ghislanzoni, non il Flauto magico di Mozart, ma di Shikaneder!  I librettisti e non i musicisti! Strano davvero.. sembra quasi un ‘accanimento di paternità’.. e forse lo è... perché è altamente probabile che il cosiddetto ‘Inno di Mameli’ non sia stato scritto da Mameli! 

Molti indizi portano a considerare che il giovane Goffredo (19 anni) si sia attribuito la paternità di un testo scritto dall’anziano Priore del convento di Càrcare nell’entroterra savonese, dove la famiglia aveva collocato il ragazzo, ricercato dopo un pestaggio con un compagno. 

Un primo spunto di riflessione sono le lettere che in quei mesi Goffredo spedì dal convento all’amico Canale e alla madre, che documentano uno stile di scrittura povero, molti errori di grammatica e un autoritratto ben poco eroico-risorgimentale: “Sono arrivato ‘morto di sogno’ ma io qui me la passo benissimo, mangio per quattro, dormo molto, non faccio nulla, penso meno, e questo è l'ideale del mio Paradiso, spero che voialtri farete altrettanto!” 

A parte i concetti non proprio eroici, questo era lo stile del ragazzo Goffredo, che negli stessi giorni, avrebbe scritto il nostro Inno, con uno stile ben lontano da quello dei versi che conosciamo, in ritmo senario, con i numerosi riferimenti colti di chi ha fatto studi approfonditi su secoli e secoli di storia. A partecipare famoso ‘elmo di Scipio', il testo è costellato di rimandi di grande cultura difficili da ascrivere a un 19enne focoso. 

Oltre le congetture, quello che è certo è il racconto che lo stesso Michele Novaro, il musicista, fece anni dopo in occasione di una commemorazione di Mameli: il testo del nostro Inno gli arrivò proprio da quel convento di Carcare tramite Ulisse Borzino che, mentre stava andando a Torino, era passato a trovare il comune amico Goffredo. 

Questi glielo affidò chiedendogli di portarlo a Novaro 'da parte sua' e che provasse a musicarlo. Borzino trovò il ventiduenne Michele Novaro a una riunione a casa di Lorenzo Valerio, esponente dei liberali piemontesi. Appena Novaro lesse i versi, cominciò subito a comporre la musica ma “nella mia agitazione rovesciai la lucerna sul cembalo e per conseguenza anche sul povero foglio”. Un 'foglio' arrivato 'da parte di'. Ma scritto da..? 

Padre Atanasio Canata, il Priore del convento di Càrcare da cui era partito il prezioso povero foglio, era conosciuto proprio come erudito letterato, prolifico autore di orazioni e versi in ritmo senario che richiamano quelli del nostro inno in modo inequivocabile. “La Patria chiamò” così conclude una delle sue odi. E così lo analizza un autorevole storico contemporaneo,  il professor Aldo Mola, esperto della nostra storia risorgimentale: “Tutte le sue opere sono infuse del cristianesimo liberale di ispirazione giobertiana, lo stesso che si ritrova nell’Inno: 'l’unione e l’amore / rivelano ai popoli / le vie del Signore'. A noi rivelano che l’autore era un papista, non un rivoluzionario mazziniano”. Incredibili poi alcuni versi del Priore del convento che fanno perlomeno riflettere: “Meditai per la Patria robusto un canto / ma venali menestrelli si rapìan dell’arte il vanto / Sulla sorte dei fratelli / non profuse allor che pianto / e aspettando nel suo cuore / si rinchiuse il pio cantore” e addirittura in un appunto: “E scrittore sei tu? Ciò non mi quadra, una gazza sei tu, garrula e ladra". Intuibile il destinatario...  

Ma se si ripercorre la storia de “Il Canto degli italiani” emergono molte altre cose interessanti e curiose. Per esempio che già pochi mesi dopo la sua prima esecuzione, si pensò di sostituirlo: Mazzini chiese una nuova musica a Giuseppe Verdi, e pensò di affiancargli il giovane Mameli per le parole, visto il 'talento' dimostrato. Ma il testo proposto dal ragazzo Goffredo, dall’aggressivo titolo ‘Il Canto di guerra’, non fu, per usare un eufemismo, molto apprezzato, e fece la stessa fine rovente del foglio sul cembalo di Novaro, finendo, questa volta non accidentalmente, nel fuoco di un camino.  Così rimase ‘Il Canto degli Italiani’, destinato a divenire di lì a poco ‘l’Inno di Mameli’ per la morte prematura del ragazzo: ferito accidentalmente in modo non particolarmente grave a una gamba dalla baionetta di un commilitone, come egli stesso scrisse alla madre, venne curato male, si decise troppo tardi l'amputazione della gamba e morì poco dopo per la sopravvenuta infezione il 6 luglio 1849 a soli 21 anni.

Attorno a Mameli crebbe la leggenda, l'eroe morto in battaglia e il grande poeta! In due giorni diventò il campione di una realtà che non era la sua. Inno compreso.

Insomma: noi ci teniamo un Inno che non ci piace, difficile da capire e difficile da ricordare, lo chiamiamo non con il suo vero titolo "Il canto degli italiani" ma ‘Inno di Mameli’ col nome di un più che probabile falso autore, e non della musica, che di regola individua il brano, ma delle famose e fumose parole. Mi sembra che ci sia molto su cui riflettere. 

E proprio riflettendo su tutto questo e partendo dalle parole di Ciampi, ecco l’idea semplice rivoluzionaria e sorprendente anche per chi l’ha avuta: mantenendo la musica e le prime irrinunciabili parole ‘‘Fratelli d’Italia’’, si potrebbero cambiare le altre? Sì, nulla vieta di adeguarlo

In altre nazioni l’hanno fatto, Belgio e Polonia fra gli altri, ma l’esempio più forte ci viene dalla Russia, dove, nello smantellamento di tutti i simboli riconducibili al passato comunista, si era sostituito l’Inno tradizionale con uno nuovo di zecca, che non fu accettato dal popolo. Il governo decise allora di tornare a quello tradizionale, ma lasciando solo la musica e cambiando il testo adeguandolo al presente. Il popolo, già abituato a quelle note, lo approvò subito e tuttora per tutti i russi rappresenta la nazione. 

Dunque si potrebbe intervenire allo stesso modo anche in Italia, sempre rispettando gli alti concetti e la grande storia che hanno portato all’indipendenza il nostro Paese. Come suggeriva Ciampi, non cambierei quel perfetto ‘Fratelli d’Italia’ che così positivamente ci identifica, le sole parole del testo belle e giuste, le uniche in grado di stimolare il senso di appartenenza che un Inno richiede. 

Perché, senza arrivare a strofe che non si pronunciano mai, come “il ‘sangue polacco bevè col cosacco” oppure “i bimbi d’Italia si chiaman Balilla”, il testo del  nostro Inno non ha un solo verso che possa trasmettere un’aggregante emozione nazionale. Al contrario… 

Basti pensare a quel “schiava di Roma” che anche per quanti (quanti?) hanno capito il riferimento alla Vittoria, è comunque automaticamente non inclusivo, se non respingente. E non ci si può certo entusiasmare dichiarando ripetutamente “siam pronti alla morte siam pronti alla morte” oppure cantando la seconda strofa: “noi siamo da secoli calpesti e derisi”.  

Forse per questo, da quando è ‘tornato di moda', ripetiamo sempre la prima strofa al posto della seconda? Con quelle parole sarebbe più facile deprimersi che entusiasmarsi. 

Credo che da un Inno ci si debba aspettare altro.  

Ma nel nostro Paese qualsiasi proposta alternativa ha trovato silenzio, fastidio se non indignazione, e tanta ironia. Perché nessuno si è mai voluto far carico di un approfondimento? Forse perché sarebbe impopolare? 

“Giù le mani dall’Inno di Mameli!”  Questa è l’unica risposta. 

La verità, quando è scomoda, non la si cerca per paura di trovarla… Peccato, perché credo che in questo Paese ci sia un gran bisogno di verità. Forse fare questa ‘rivoluzione’ intorno al nostro Inno stimolerebbe la rinascita di quell’orgoglio nazionale che dà forza e coesione ai popoli nei momenti difficili, e senza invocare né la morte né la ‘coorte’. 

Da semplice cittadina che non resiste alla passione per le sue idee e per il suo Paese, spero che qualcuno trovi il coraggio di... avere coraggio, e affrontare la semplice verità: ci sono forti probabilità, quasi evidenze, che il nostro Inno nazionale, il cosiddetto ‘Inno di Mameli’, non sia di Mameli. Non credo sia giusto licenziare senza vaglio e approfondimento un simbolo così importante, che fuori da ogni logica, ma forse non a caso, è rimasto ‘provvisorio’ per un tempo così lungo, Ma ora, in raro accordo trasversale, la politica dichiara “viva soddisfazione per il disegno di legge Mameli”. 

Viva soddisfazione di essere rappresentati da un falso? Almeno fosse un capolavoro.           

Grazie per l’attenzione   Enrica Bonaccorti 

                                                                                                                      

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Almeno non chiamiamolo INNO DI MAMELI...

1 Luglio 2017 , Scritto da enrica bonaccorti

 I N N O  D’ITALIA

 

Da un’Idea a una Proposta 

Da un Approfondimento a una Scoperta..

 

 

Vorrei sottoporre all'attenzione delle nostre Istituzioni un tema che ho iniziato ad approfondire durante i Mondiali del 1998, quando i giornali titolavano ‘Scandalo!’ per nostri calciatori che rimanevano a labbra serrate durante l’esecuzione del nostro Inno. In quell’occasione il nostro ex presidente Ciampi espresse il suo rammarico, ma edulcorò il suo giudizio per la difficoltà del testo, e aggiunse, testuale: “Il nostro Inno, sì, è una marcetta, ma ormai quando sentiamo le prime note e quelle prime parole, Fratelli d’Italia, il mio spirito nazionale si alza automaticamente in piedi pronto a cantare con la mano sul cuore”. 

Fu esattamente questa la frase che mi fece scaturire l’idea, semplice e al tempo stesso sorprendente persino per chi l’ha pensata: se mantenendo la musica e le prime irrinunciabili parole ‘‘Fratelli d’Italia’’, si potrebbero cambiare le altre? Sì, nulla vieta di adeguarlo. In altre nazioni l’hanno fatto, Belgio e Polonia fra gli altri, ma l’esempio più forte ci viene dalla Russia, dove, nello smantellamento di tutti i simboli riconducibili al passato comunista, si era sostituito l’Inno tradizionale con uno nuovo di zecca, che non fu accettato dal popolo. Il governo decise allora di tornare a quello tradizionale, ma lasciando solo la musica e cambiando il testo adeguandolo al presente. Il popolo, già abituato a quelle note, lo approvò subito e tuttora rappresenta la nazione. Dunque si potrebbe intervenire allo stesso modo anche in Italia, sempre rispettando gli alti concetti e la grande storia che hanno portato all’indipendenza il nostro Paese. 

Come suggeriva Ciampi, non cambierei quel perfetto ‘Fratelli d’Italia’ che così positivamente ci identifica, le sole parole del testo belle e giuste, le uniche che possano stimolare il senso di appartenenza che un Inno richiede. Perché, senza arrivare a strofe che non si pronunciano mai, come “il ‘sangue polacco bevè col cosacco” oppure “i bimbi d’Italia si chiaman Balilla”, il testo del  nostro Inno non ha un solo verso che possa trasmettere un’aggregante emozione nazionale. Anzi! 

Basta pensare a quel “schiava di Roma” che anche per quanti (quanti?) hanno capito il riferimento alla Vittoria, è sempre, per chi più per chi meno, irritante. E non ci si può certo entusiasmare dichiarando ripetutamente “siam pronti alla morte siam pronti alla morte” o cantando la seconda strofa: “noi siamo da secoli calpesti e derisi”.  

Forse per questo, da quando è ‘tornato di moda', ripetiamo sempre la prima strofa al posto della seconda? Con quelle parole sarebbe più facile deprimersi che entusiasmarsi. 

Credo che da un Inno ci si debba aspettare altro. 

Ma nel nostro Paese qualsiasi proposta alternativa ha trovato silenzio, fastidio se non indignazione, e tanta ironia. Eppure c’è molto da dire, a iniziare dal titolo: quanti lo conoscono? 

Se lo si chiede, tutti rispondono 'Inno di Mameli'.

Quando comunichi che non è il vero titolo la prima reazione è di stupore, poi si azzarda ‘Fratelli d’Italia’...? Alla notizia che neppure questo è quello giusto, arriva solo un attonito silenzio. 

Davvero pochi quelli che lo conoscono: "Il Canto degli italiani” di Novaro – Mameli,  ecco il titolo esatto e sconosciuto. 

Fra l’altro mi chiedo: perché non lo si chiama caso mai 'Inno di Novaro?' cioè dell'autore della musica e non dell'autore delle parole, come è consuetudine, se non regola? 

Sarebbe come dire l’Aida di Ghislanzoni e non l’Aida di Verdi, il Flauto magico di Shikaneder, non di Mozart! I librettisti e non i musicisti!

Sembra quasi un ‘accanimento di paternità’.. e forse lo è... perché pare che il cosiddetto ‘Inno di Mameli’ non sia stato scritto da Mameli! 

Molti indizi portano a considerare che il giovane Goffredo si sia attribuito la paternità di un testo scritto dall’anziano Priore del convento di Càrcare nell’entroterra savonese, dove il ragazzo, ricercato per sommossa dopo un pestaggio con un compagno, si era rifugiato. Spunto di riflessione sono le lettere che Goffredo spedì in quei mesi dal convento all’amico Canale o alla madre, che documentano uno stile di scrittura povero, molti errori di grammatica e un autoritratto ben poco eroico: “Sono arrivato ‘morto di sogno’ ma io qui me la passo benissimo, mangio per quattro, dormo molto, non faccio nulla, penso meno, e questo è l'ideale del mio Paradiso, spero che voialtri farete altrettanto!” 

A parte i concetti non proprio eroici, questo lo stile del ragazzo Goffredo, che a 19 anni e negli stessi giorni, avrebbe scritto il nostro Inno, stile ben lontano da quello dei versi che conosciamo, in ritmo senario, con numerosi riferimenti colti di chi ha fatto studi approfonditi su secoli e secoli di storia. Un storico esperto, che a parte 'l'elmo di Scipio', riempie il testo di rimandi di grande cultura difficili da ascrivere a un ragazzo focoso di 19 anni. 

Oltre le congetture, quello che è certo è il racconto che lo stesso Michele Novaro, il musicista, fece anni dopo in occasione di una commemorazione di Mameli: il testo del nostro Inno gli arrivò proprio da quel convento di Carcare tramite Ulisse Borzino che, mentre stava andando a Torino, era passato a trovare il comune amico Goffredo. 

Questi glielo affidò chiedendogli di portarlo a Novaro 'da parte sua' e che provasse a musicarlo. Borzino trovò il ventiduenne Michele Novaro a una riunione a casa di Lorenzo Valerio, esponente dei liberali piemontesi. Appena Novaro lesse i versi, cominciò subito a comporre la musica ma “nella mia agitazione rovesciai la lucerna sul cembalo e per conseguenza anche sul povero foglio”. Un 'foglio' arrivato 'da parte di'. Ma scritto da..? 

Padre Atanasio Canata, il Priore del convento di Càrcare da cui era partito il prezioso povero foglio, era conosciuto proprio come erudito letterato, prolifico autore di orazioni e versi in ritmo senario che richiamano quelli del nostro inno in modo inequivocabile. “La Patria chiamò” così conclude una delle sue odi. E così lo analizza un autorevole storico contemporaneo,  il professor Aldo Mola, esperto della nostra storia risorgimentale: “Tutte le sue opere sono infuse del cristianesimo liberale di ispirazione giobertiana, lo stesso che si ritrova nell’Inno: 'l’unione e l’amore / rivelano ai popoli / le vie del Signore'. A noi rivelano che l’autore era un papista, non un rivoluzionario mazziniano”. Incredibili poi alcuni versi del Priore del convento che fanno perlomeno riflettere: “Meditai per la Patria robusto un canto / ma venali menestrelli si rapìan dell’arte il vanto / Sulla sorte dei fratelli / non profuse allor che pianto / e aspettando nel suo cuore / si rinchiuse il pio cantore” e addirittura in un appunto: “E scrittore sei tu? Ciò non mi quadra, una gazza sei tu, garrula e ladra" 

Intuibile il destinatario...  

Ma se si ripercorre la storia de “Il Canto degli italiani” emergono molte altre cose interessanti e curiose. Per esempio che già pochi mesi dopo la sua prima esecuzione, si pensò di sostituirlo: Mazzini chiese una nuova musica a Giuseppe Verdi, e pensò di affiancargli il giovane Mameli per le parole, visto il 'talento' dimostrato. Ma il testo proposto dal ragazzo Goffredo, dall’aggressivo titolo ‘Il Canto di guerra’, non fu, per usare un eufemismo, molto apprezzato, e fece la stessa fine rovente del foglio sul cembalo di Novaro, finendo, questa volta non accidentalmente, nel fuoco di un camino.  Così rimase ‘Il Canto degli Italiani’, destinato a divenire di lì a poco ‘l’Inno di Mameli’ per la morte prematura del ragazzo: ferito accidentalmente in modo non particolarmente grave a una gamba dalla baionetta di un commilitone, come egli stesso scrisse alla madre, venne curato male, si decise troppo tardi l'amputazione della gamba e morì poco dopo per la sopravvenuta infezione il 6 luglio 1849 a soli 21 anni.

Attorno a Mameli crebbe la leggenda, l'eroe morto in battaglia e il grande poeta! In due giorni diventò il campione di una realtà che non era la sua. Inno compreso.

Insomma: noi ci teniamo un Inno che non ci piace, difficile da capire e difficile da ricordare, lo chiamiamo non con il suo vero titolo "Il canto degli italiani" ma ‘Inno di Mameli’ col nome di un più che probabile falso autore, e non della musica, che di regola individua il brano, ma delle famose e fumose parole.
Mi sembra che ci sia molto su cui riflettere. 

Perché nessuno si è mai voluto far carico di un approfondimento sicuramente scomodo e impopolare? È scomoda e impopolare la verità?

Peccato, perché credo che in questo Paese ci sia un gran bisogno e una gran voglia di verità. Forse fare questa ‘rivoluzione’ intorno al nostro Inno stimolerebbe la rinascita di quell’orgoglio nazionale che dà forza e coesione ai popoli nei momenti difficili, e senza invocare né la morte né la ‘coorte’. 

Da semplice cittadina che non resiste alla passione per le sue idee e per il suo Paese, spero che qualcuno trovi il coraggio di.. avere coraggio, e affrontare una semplice verità: ci sono forti probabilità, quasi evidenze, che il nostro Inno nazionale, il cosiddetto ‘Inno di Mameli’, non sia di Mameli. Non credo sia giusto licenziare senza vaglio e approfondimento un simbolo così importante, che fuori da ogni logica, ma forse non a caso, è rimasto ‘provvisorio’ per un tempo così lungo, Ma ora, in raro accordo trasversale, la politica dichiara “viva soddisfazione per il disegno di legge Mameli”. Viva soddisfazione di essere rappresentati da un falso? Almeno fosse un capolavoro.           

Grazie per l’attenzione   Enrica Bonaccorti 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PS. Corredo la proposta di modifica del testo con un’ipotesi che - tengo a precisare - non vuole proporsi come ‘testo alternativo’, ma solo come un esempio di come si possano esprimere gli stessi concetti comprendendo ciò che si dice, e persino entusiasmandosi. 

Ma sono certa che in un Paese di poeti, oltre ai navigatori e tutti gli altri, ci siano autori ben più di me all’altezza di un progetto così significativo. Non per passare alla storia ho lanciato questa proposta, ma con la speranza di aprire un dibattito sul cosiddetto ‘Inno di Mameli’. Se è così importante come manifestano i nostri rappresentanti istituzionali, che con occhi lucidi e la mano sul cuore intonano di esser pronti alla morte, spero dimostrino questo grande amor di patria non solo nella forma, ma restituendo la dignità e l’attenzione che merita al più forte elemento simbolico che, insieme al tricolore, rappresenta l’Italia. 

 

 

L’  I  N  N  O      D E G L I      I  T  A  L  I  A  N  I

 

FRATELLI  D’ITALIA

L’ITALIA E’ QUESTA 

DAI  MARI   AI  MONTI

ALZIAMO  LA  TESTA

PERCHE’  LA  VITTORIA

E’  GIA’  NELLA  STORIA

CHI  GRANDE  E’  GIA’  STATO

PIU’  GRANDE   SARA’

 

FRATELLI    SORELLE

ORGOGLIO  D’ITALIA

CONQUISTA  DEI  PADRI

DELLA  NOSTRA  PATRIA

NOI  FIGLI  SAPPIAMO

CHE  E’  GRAZIE  AL  CORAGGIO

DI  LOTTE  LONTANE

L’ITALIA  CHE  C’E’

 

IL  CUORE  D’ITALIA

E’  SEMPRE  PIU’  FORTE. 

IN  QUALUNQUE  SORTE

NON  SI  FERMERÀ

PORTIAMO  L’ITALIA

OVUNQUE  NOI  SIAMO

E’  TUTTA  DA  AMARE

IDDIO  LA  CREÓ

                                                                                                                             enrica bonaccorti – 1998

 

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MADRE MIA che sei nei cieli - PREGHIERA LAICA

14 Maggio 2017 , Scritto da enrica bonaccorti

MADRE MIA  che sei nei cieli - PREGHIERA LAICA

Madre mia  che  sei  nei cieli

sia  ricordato  il  tuo nome

si  avveri  il  tuo  sogno

fa  che  la  tua  bontà 

dal cielo   mi  guidi  in  terra

Dammi  sempre  il tuo aiuto  quotidiano

e comprendi  i  miei  peccati

così  come  io  capirò

quelli  degli  altri  peccatori

Ma  aiutami  a  resistere  alle tentazioni

e  liberami  dal  male

Mamma

 
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